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Vergogna: la storia di Anna tra inadeguatezza e moralità

Immagine del redattore: Riccardo Votadoro PsicologoRiccardo Votadoro Psicologo

In questo articolo vorrei esplorare #EssenzialMente un’emozione molto complessa ma anche molto diffusa. Rientra nelle emozioni secondarie ed è un’emozione sociale, può essere una componente fondamentale di diversi disturbi psicologici quali l’ansia sociale, il ritiro sociale o alcuni disturbi di personalità.


Sto parlando della vergogna.


Quante volte vi sarà capitato di vergognarvi di qualcosa che avete fatto oppure di una vostra caratteristica? Molto presente nei ragazzini nell’età del passaggio alla pubertà è un’emozione che può essere vissuta con grande sofferenza anche dagli adulti.


Magari soffrite di balbuzie, state perdendo i capelli, avete un segno particolare sul viso o su un’altra parte del corpo o vi impegnate a nascondere un vostro comportamento che percepite come un difetto, come qualcosa di inadeguato o moralmente sbagliato.

La vergogna è un’emozione legata al giudizio negativo da parte di sé stessi o dalla paura di riceverlo dagli altri.


#EssenzialMente la vergogna è un’emozione sociale che si prova quando si teme un fallimento personale rispetto a degli standard che ci si è posti e ci si sente inadeguati.

Il giudizio dell’altro non deve essere necessariamente reale o palese, ma è la percezione che si possa esserne oggetto a far scaturire questa emozione così sgradevole.


Con gli articoli precedenti abbiamo imparato che le emozioni si sono conservate nel nostro comparto genetico - evolutivo, perché hanno uno scopo, in una certa misura adattivo.


A cosa serve la vergogna?


La vergogna ha lo scopo di organizzare il sé e conservarne la sua integrità personale. Può avere anche il compito di regolare la buona distanza nella relazione anche in senso fisico, infatti un certo grado di vergogna regola lo spazio privato e funge da segnale quando l’altro è avvertito come un intruso (fonte)



LA STORIA DI ANNA

Anna è una donna di 55 anni con due figli quasi adolescenti, è un impiegata comunale ed è divorziata. Il dolore di essere stata tradita, la fatica di dover gestire casa, lavoro e figli le ha fatto perdere per diversi anni il controllo dell’alimentazione, ottenendo una forma fisica che non la fa stare bene con se stessa e con gli altri.

Da un po’ di anni ha smesso di andare al mare in vacanza, prediligendo la campagna o la montagna. Dopo aver conosciuto un uomo di cui si è innamorata, vorrebbe ritornare alla forma fisica di qualche anno prima, ma c’è un ostacolo. Si vergogna del suo fisico e di come gli altri possano giudicare lei e il suo corpo.

A fatica si è convinta ad iscriversi in palestra e negli spogliatoi è diventata una vera Houdini per non mostrare mai quel pezzo di carne in più agli occhi degli altri.


La natura di questo giudizio così aspro nei suoi confronti è legato ad un forte senso di inadeguatezza. Per allontanarsi il più possibile dal pensiero di non essere stata all’altezza, per anni ha attuato una strategia evitante di tutte quelle situazioni che potessero, anche solo ipoteticamente, metterla sotto lo sguardo giudicante degli altri.


L’emozione della vergogna è alimentata da pensieri disfunzionali del tipo:

“mi guarderanno tutti e penseranno che sono grassa”

“penseranno che non so prendermi cura di me”

“che mi sono lasciata andare”

“che sono una buona a nulla”


Questi pensieri non sono poi così assurdi, ma notiamo la generalizzazione del “tutti” e la catastrofizzazione del “penseranno che sono una buona a nulla”.

Chiunque abbia pensieri di questo tipo sentirà una scintilla di angoscia e vergogna.


Cresciuta in un ambiente molto prestazionale e giudicante, questi pensieri si sono radicati in lei e le contingenze della vita hanno fatto il resto. Per tanto tempo Anna è rimasta intrappolata da questi pensieri e dalla paura della Vergogna che così, per lei, ha perso la sua funzione adattiva.


Per superare questo ostacolo ha lavorato molto sulle sue convinzioni disfunzionali, imparando gradualmente a mettere in discussione i pensieri automatici.

Ha imparato anche a venire a contatto con quella bambina ferita dalle critiche dei suoi genitori e relativizzare il giudizio.


Se anche tu come Anna senti di avere un vissuto simile e quei pensieri automatici hanno risuonato in te, forse potrebbe esserti utile un percorso psicologico, anche breve.
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